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i dialetti italiani
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Luc de Provence



Inscrit le: 11 Jul 2007
Messages: 682
Lieu: Marseille

Messageécrit le Tuesday 20 Nov 07, 9:17 Répondre en citant ce message   

Forse hai ragione tu....

Guarda questo sito www.comune.guardiapiemontese.cs.it/ e cosi' avrai molte informazioni sull'argomento.

Vi è anche un altro fatto : i fuggiaschi Catari che venivano ospitati da Federico II Hohenstaufen ......

A Pisa ho conosciuto un Pisano che si chiamava ......Trencavelli come l'eroe di Carcassona !

Ed ecco cosa dice il sito del comune di Lago dove la f si pronuncia h :

E' dimostrata dai lasciti attestati dai protocolli notarili la devozione del popolo verso questo santo la cui chiesa, secondo don Nicola Cupelli, sarebbe stata edificata dagli Spagnoli contemporaneamente alla nascita del paese stesso.
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giòrss



Inscrit le: 02 Aug 2007
Messages: 2778
Lieu: Barge - Piemont

Messageécrit le Tuesday 20 Nov 07, 10:20 Répondre en citant ce message   

Problema: i cognomi di Guardia Piemontese dimostravano una derivazione diretta dalle vallate alpine del Piemonte, dove si parla occitano.
Per esempio, un cognome che esiste ancora è Tunda, che corrisponde al nostro Tonda (poco frequente, ma presente).
Ciò non esclude che in seguito siano penetrati gruppi di provenienza diversa, ma ciò andrebbe dimostrato.

Guagliò, Rohlfs stà ggià int'o tauto suië!
Ragazzi, Rohlfs è già nella bara.
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Luc de Provence



Inscrit le: 11 Jul 2007
Messages: 682
Lieu: Marseille

Messageécrit le Friday 21 Dec 07, 19:28 Répondre en citant ce message   

Hier Jeudi 20 Décembre une très beau reportage intitulé " de la part de tante Concetta " a été diffusé sur Arte. Il relate la vie des Calabrais de Gioia Tauro et ceux émigrés dans le Val d'Aoste. On peut le visionner sur le site internet de ARTE. On peut y entendre à loisir le dialecte Calabrais du crû assez proche du Sicilien. Donc avis aux amateurs, c'est un régal !
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Luc de Provence



Inscrit le: 11 Jul 2007
Messages: 682
Lieu: Marseille

Messageécrit le Thursday 27 Mar 08, 22:37 Répondre en citant ce message   

Alle Isole Tremiti nell'Adriatico ( regione della Puglia ) si parla la lingua napoletana: questo è spiegabile in quanto l'isola fu popolata da Ferdinando II nel 1843 con numerosi parteneopei dei bassifondi, che anche lontani dalla città continuarono a parlare e a diffondere la lingua d'origine.

Nel 1987 Muammar Gheddafi stupì dichiarando che a suo avviso le Tremiti erano libiche :non: in quanto abitate dai discendenti dei libici qui deportati dal 1911 al 1943. L'affermazione spinse alcuni giornali all'epoca a parlare di pretese territoriali sull'arcipelago da parte di Tripoli anche se probabilmente la frase fu usata dal leader libico sapientemente per ricordare la deportazione dei libici alle Tremiti e in altre isole italiane effettuate soprattutto dal governo Giolitti. Ad onor del vero negli archivi comunali non risultano discendenti dei deportati dalla Libia, anche perché la stragrande maggioranza di loro morì di tifo petecchiale pleure ou très triste quasi immediatamente arrivati nelle isole.


Dernière édition par Luc de Provence le Thursday 27 Mar 08, 23:31; édité 2 fois
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giòrss



Inscrit le: 02 Aug 2007
Messages: 2778
Lieu: Barge - Piemont

Messageécrit le Thursday 27 Mar 08, 23:23 Répondre en citant ce message   

Spiega che le Tremiti sono isole al largo della Puglia, nel mar Adriatico.

Accà cce shtà chi nunn o sapë!
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Luc de Provence



Inscrit le: 11 Jul 2007
Messages: 682
Lieu: Marseille

Messageécrit le Thursday 27 Mar 08, 23:28 Répondre en citant ce message   

Hai ragione, io scrivendo mi figuro sempre nel nostro Italico Cenacolo ! choqué
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umbertoferrando



Inscrit le: 11 Aug 2008
Messages: 8

Messageécrit le Monday 11 Aug 08, 16:45 Répondre en citant ce message   

Nikura a écrit:
Non so se quello che sto per dire è relazzionato con quello che vuoi sapere Castells, ma in realtà, credo che la questione dei dialetti/delle lingue a Italia è un po' differente di quella in Spagna.
Si deve pensare che in Italia c'è quasi sempre una situazione di diglossia, cioè, una varietà alta, l'italiano ed una varietà bassa, il dialetto.


Questo è vero solo in alcune zone della Penisola, segnatamente nell'Italia centrale e meridionale (ma non in tutta) dove la fortissima affinità tra lingua nazionale e lingua regionale/locale (o dialetto che dir si voglia) rende elevato il grado di intercomprensione e permette di passare agevolmente da l'una all'altra, al Nord questo è molto più difficile (ci sono analisi statistico-matematiche che mostrano come il piemontese, il lombardo o il ligure siano più lontani dall'italiano standard a base toscana, di quanto non lo siano gallego e castigliano o addirittura castigliano e catalano), questo di fatto rende difficilissima l'intercompresione e ostacola la "diglossia", di per sé non sarebbe un gran problema se l'italiano venisse usato solo come lingua "alta" o come lingua "franca" e la lingua regionale come lingua "della quotidianità", in realtà con l'emigrazione nelle aree urbane dei grandi (e dei medi) centri urbani del NW l'impossibilità di giungere a una diglossia ha comportato una scomparsa delle lingue regionali (parliamo di piemontese, ligure, emiliano, lombardo) o quantomeno una loro marginalizzazione, perché di fatto da veicoli di comunicazione nell'ambito della "quotidianità" diventavano veicoli di non comunicazione anche nelle relazioni interpersonali quindi, alla fine, si creava un meccanismo dissuasivo, per cui il "dialetto" non lo si insegnava a scuola ma non lo si imparava neppure più a casa. Naturalmente nelle zone rimaste al margine, rispetto alla grande industrializzazione degli anni '50 e '60 (e quindi dei grandi flussi migrativi Sud/Nord, ma anche NE/NW), le lingue regionali continuano a essere parlate, anche dai giovani, questo spiega ad esempio perché il bergamasco (e i dialetti lombardi di tipo orobico) siano meno in pericolo rispetto al pavese o al milanese (e ai dialetti lombardi insubri in genere).

Se vuoi ti posso fornire una controprova: Napoli è stata (dalla fine del XVIII secolo all'inizio del XX secolo) città di emigrazione come Milano, Torino o Genova, ma a differenza di queste il napoletano gode di eccellente salute... il motivo? Il napoletano è una "koiné" di dialetti meridionali fin dal XVI secolo, inoltre le zone di emigrazione (Abruzzo, Molise, Capitanata, Calabria settentrionale, basso Lazio) avevano parlate non troppo lontane (foneticamente e lessicalmente) dal napoletano, questo rendeva relativamente facile l'intercompresione (facile non vuol dire "immediata") e rendeva possibile un suo apprendimento rapido anche da parte degli adulti, infine la distanza non eccessiva del napoletano dall'italiano e dagli altri dialetti meridionali gli ha consentito di "affiancarsi" all'italiano standard, creando quella diglossia reale che al Nord spesso è stata spesso impossibile; a proposito: non so quanti siano coloro che hanno una vaga idea di quanto le "vocali turbate", tipiche delle lingue gallo-italiche, rappresentino un ostacolo per chi voglia imparare questi "dialetti" provenendo dall'italiano standard o da un "dialetto" meridionale... o di quanto i fenomeni di "crasi" e fusione di gruppi vocalici, tipici del genovese e di altre parlate liguri e piemontesi, siano difficili da imparare e da "controllare" per chi non le abbia apprese da bambino... è chiaro che la lingua "franca", in queste situazioni di difficoltà, diventava l'italiano, infondo c'era una lingua bella pronta, imparata a scuola come "unica lingua nazionale" e promossa attraverso i mezzi d'informazione, chi voleva imparare il "dialetto" lo faceva per curiosità o per un puro interesse culturale, a tutti gli altri bastava rivolgersi all'italiano "standard" e parlarlo (magari male) per farsi capire...

Attualmente in Liguria e in Piemonte solo il 30% della popolazione parla il "dialetto" in famiglia (parlare, capire e "conoscere qualche parola" sono tre cose diverse), negli anni '60 questa percentuale sfiorava l'80% e senza un lavoro di preservazione il patrimonio linguistico regionale andrà perso al massimo nello spazio di due generazioni, per cui o si deciderà di preservarlo (non è necessariamente un obbligo) oppure non basteranno nemmeno un Frédéric Mistral ligure o uno piemontese per resuscitarne "gli echi"...

A presto
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giòrss



Inscrit le: 02 Aug 2007
Messages: 2778
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Messageécrit le Tuesday 12 Aug 08, 11:28 Répondre en citant ce message   

Le tue percentuali mi paiono molto libresche . E' chiaro che tu abbia studiato la lezione, ma non hai fatto pratica sul territorio extraurbano.
Se in Piemonte il piemontese è parlato dal 30% delle persone, io devo vivere sulla Luna.
Forse, i piemontesi non parlano piemontese con gli intervistatori che manda loro l'Università di Torino.
E' chiaro che se ci si rivolge loro in italiano....
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umbertoferrando



Inscrit le: 11 Aug 2008
Messages: 8

Messageécrit le Tuesday 12 Aug 08, 12:42 Répondre en citant ce message   

Con"parlato" intendo parlato correntemente, in modo quotidiano, non come "seconda lingua" o lingua familiare (magari per rivolgersi ai nonni o alle zie anziane), è chiaro che se si prende in esame la fascia di coloro che conoscono (e parlano saltuariamente) il piemontese, allora la percentuale sale di parecchio. Conosco abbastanza bene le realtà basso-piemontesi, al confine con la Liguria, lì la parlata locale è usata in percentuali alte da coloro che rientrano nella fascia d'età > 40-45 anni, ma decresce bruscamente tra coloro che sono nati dopo il 1968, di fatto dei nati negli ultimi tre decenni meno del 10% parla in piemontese o ligure abitualmente (e una percentuale prossima al 70% si esprime esclusivamente in italianeo, anche in famiglia), in genere la percentuale di coloro che capiscono la lingua locale è ancora elevata; tra i più giovani (scuola dell'obbligo) tende però a scendere anche la percentuale di coloro che comprendono quella che, in teoria, sarebbe la loro "vera lingua"... ed è una perdita di vitalità enorme... lo testimonia un fatto: vent'anni fa, se tu fossi entrato in un qualsiasi negozio del mio paese (abito nell'entroterra nord-occidentale della Provincia di Genova) il negoziante si sarebbe rivolto a te in "dialetto" (genovese, masonese od orbasco, ma in dialetto) anche se non ti conosceva, oggi non capita più... anzi, ormai è usuale assistere a dei dialoghi "bilingui", in cui il cliente anziano si esprime in ligure e il commerciante (trentenne, che ha ereditato la "bottega" dai genitori, rigorosamente del posto) risponde in italiano, perché il ligure lo capisce perfettamente, ma non è in grado di parlarlo. Aggiungo nfine un fatto curioso: nella mia zona i primi immigrati arrivarono nella prima metà degli anni '30, perlopiù si trattava di calabresi delle province di Cosenza e Catanzaro, molti portarono con loro i figli piccoli, questi bambini ora sono anziani (la loro età oggi è prossima agli 80 anni) e parlano correntemente il dialetto ligure della mia zona, però spesso incespicano con l'italiano, imparato in modo veloce e approssimativo nei pochi anni di scuola elementare... con gli immigrati di una generazione dopo questo non è più successo, se non in misura molto limitata, è un sintomo che la vitalità della lingua regionale già cominciava a calare, perché anziché veicolo di comunicazione era diventata un ostacolo comunicativo.

A presto
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giòrss



Inscrit le: 02 Aug 2007
Messages: 2778
Lieu: Barge - Piemont

Messageécrit le Wednesday 13 Aug 08, 10:15 Répondre en citant ce message   

Senti... l'analisi è parzialmente valida, ma pecca di accelerazione. Il 30% è una percentuale troppo bassa, a mio parere. Poi, le percentuali mettono in comune anche i miei beni e quelli del Berlùsca, per fare la richezza media.

Io ho 48 anni e sono almeno 30 che sento dire che il piemontese morirà...poi, oggigiorno, vedo bambini piccoli che lo parlano perfettamente.

Mia sorella è del '69 e praticamente l'ha allevata mia nonna, che era del '900. Verso il 1974, la nonna le ha detto: "Oura, seui véia e veui pà pì sfourssé-me dë parlé italian"...e la mia sorellina le ha risposto: "Parla pà parèi, quë të capissou pà!"

Mi sembra che la storia si ripeta ancora. I bambini di adesso sembra che parlino solo italiano, ma effettivamente sono bilingui... e come diventano adulti, parlano piemontese in famiglia. Il Piemonte è conservatore.

Non mi pare che voialtri belìn-belàn siate tanto diversi...Comunque, il giorno che la mussa diventerà figa, mi proccuperò per le sorti del ligure.

P.S. Io ho fatto il militare assieme a uno delle tue parti che si chiama Barigione.
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José
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Messageécrit le Wednesday 13 Aug 08, 13:30 Répondre en citant ce message   

Scusate, ma che significa :
- mussa
- belìn-belàn
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Luc de Provence



Inscrit le: 11 Jul 2007
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Messageécrit le Wednesday 13 Aug 08, 17:45 Répondre en citant ce message   

questo pomeriggio ho visto il film " Gomorra ricane " qui a Marsiglia; cosi' ho potuto godere per due ore un corso sul vivo di dialetto napoletano mort de rire !
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giòrss



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Messageécrit le Thursday 14 Aug 08, 11:06 Répondre en citant ce message   

La mussa (leggi: moussa), in genovese è la figa (organo sessuale femminile).
"Belìn" e "belàn" sono due esclamazioni liguri.
La prima è più cattiva e la seconda equivale a un "accidenti!".
Belìn significa letteralmente "cazzo" e belàn è la sua mutazione, per rendere la parola meno forte, in quanto meno comprensibile.

I piemontesi dicono che i liguri hanno sempre il belìn in bocca :-)
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José
Animateur


Inscrit le: 16 Oct 2006
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Lieu: Lyon

Messageécrit le Thursday 14 Aug 08, 13:39 Répondre en citant ce message   

choqué ... Grazie per le spiegazioni très content !

Giorss a écrit:
I piemontesi dicono che i liguri hanno sempre il belìn in bocca :-)

In Francia si insegna ai bambini che non si deve parlare con la bocca piena 8) ...
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giòrss



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Messageécrit le Friday 15 Aug 08, 8:52 Répondre en citant ce message   

Credo che mussa all'origine avesse lo stesso significato del piemontese muffa= muschio (fr. mousse), in riferimento ai peli del pube.
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